Movimenti ampi dal ritmo continuo, piedi che non si staccano mai contemporaneamente dal suolo, una sequenza ipnotica in trasformazione dove una figura si perde nell’altra come in un unico respiro dall’inizio alla fine, è il taiji quan della corte imperiale, il più famoso al mondo, parliamo dello stile della famiglia Yang.
Pochi sono a conoscenza che esistono molti stili di taiji quan, appartenenti a diverse famiglie che hanno tramandato l’arte marziale da padre in figlio e da nonno in nipote. Ma di tutti gli stili questo è il più famoso.
In Cina nel villaggio di Chenjiagou, Yang Luchan (1784-1872) si recò per studiare l’arte marziale presso la famiglia Chen dove l’arte veniva tramandata soltanto ai membri interni della famiglia. Yang Luchan spiava segretamente gli insegnamenti fino a quando fu scoperto e successivamente ammesso all’allenamento con il resto della famiglia.
Luchan tornò alla sua terra natale dove trasmise l’arte appresa al di fuori della famiglia. Divenuto un Maestro esperto a Pechino insegnò alla corte imperiale dei Qing, meritando l’appellativo di Wu Ti “colui che non ha rivali”.
La forma Yang che oggi conosciamo come forma dei 108 movimenti la dobbiamo al nipote di Yang Luchan, Yang Chen Fu, a lui dobbiamo anche le dieci regole fondamentali del taiji quan delle quali parleremo in un altro momento.
La forma lunga consiste in una sequenza di movimenti che nelle varie nomenclature ha in realtà un numero variabile di tecniche ma generalmente si contano un totale di 85 posizioni in sequenza. In questa forma sono stati eliminati gli elementi più vivaci come i salti e le emissioni di energia. La forma Yang si divide in tre linee: la linea della Terra, la linea dell’Uomo, la linea del Cielo. Viene da se pensare come tali divisioni abbiano un chiaro richiamo alle “Tre Potenze -San Cai” e quindi all’origine della creazione del mondo come ci racconta il mito di Pan Gu. Il significato è chiaramente simbolico e riporta l’arte marziale ad un aspetto energetico di unione con tutte le cose, dove l’Uomo viene ad occupare un posto privilegiato tra il Cielo e la Terra con i quali rimane permanentemente in contatto con la testa e con i piedi e dai quali è in grado di assorbire e generare l’energia interna che proietterà ai fini marziali.
Anche l’attribuzione del numero 108 rimanda alle stelle considerate sacre nell’astrologia cinese, il numero 108 rappresenta un numero alchemico in tutto il pensiero orientale, presente in Cina anche attraverso le connotazioni portate dal buddismo. Il 108 è un multiplo del numero tre torniamo quindi ancora a pensare alle Tre Potenze.
Oggi Possiamo parlare del taiji quan della famiglia Yang come ad un’arte particolarmente raffinata, piacevole alla vista, ed estremamente benefica per la salute in quanto la pratica consente la mobilizzazione di tutte le articolazioni e l’attivazione della muscolatura, anche quella profonda. L’utilizzo di una respirazione corretta in questa forma particolarmente lunga, in media più di venti minuti, diviene estremamente importante per mantenere una buona ossigenazione e la fluidità del movimento. L’atteggiamento è rilassato nella mente e nel corpo a tal punto da consentire al praticante di non disperdere energia ma di potenziarla. Sul viso nasce un accenno di sorriso poiché il volto è disteso e lo sguardo è aperto all’orizzonte e presente.
Nella traduzione del nome delle tecniche possiamo sicuramente notare un rimando marziale in quanto il nome viene a rappresentare la tecnica stessa, ad esempio “shuang feng guan er – colpire le orecchie dell’avversario con i pugni”, ma anche un richiamo alla natura, ad esempio “bai he liang chi- la gru bianca apre le ali”. Questi sono due elementi importanti in quanto ci riportano alla vera essenza del taiji quan, l’atteggiamento marziale e l’osservazione del movimento negli animali, come esseri integri di mente e corpo. Pensiamo ad un animale che tutti conosciamo il gatto: il corpo dell’animale si muove tutto insieme sincronicamente così da concentrare in una zampata sulla preda tutta la sua essenza in un unico istante di corpo e mente, dove tutte le catene muscolari attraverso l’intenzione vengono attivate nella cattura della preda. La stessa cosa avviene nel momento in cui applichiamo una tecnica, nell’esecuzione della gru bianca che apre le ali, noi siamo la gru nell’atteggiamento del corpo e nell’intenzione volitiva.
L’intenzione dell’applicazione marziale non deve mai mancare nell’allenamento al fine di muovere il corpo con le giuste capacità di concentrazione e di forza. Fa una grande differenza quando sferriamo un pugno e lo pensiamo come tale, o se non mettiamo nessuna intenzione precisa ed il movimento diviene una pura questione mnemonica. Ogni tecnica può avere diverse applicazioni nell’utilizzo marziale, ma è necessario tener presente che parliamo di un Arte dove insieme alla tecnica vengono tramandate tradizioni, segreti ed un profondo pensiero filosofico, dove il praticante ogni giorno si misura nella ricerca della perfezione attraverso i propri limiti da scoprire e superare.
Bibliografia: “Appunti dalle lezioni del M.Nazareno De Cave”. “Taiji Quan stile Chen xiaojia e qi gong”, Casa editrice Ambrosiana. “Taiji Quan”, Armenia Pan Geo. “La via della forza interiore”, Jaca Book.
N.B. Le indicazioni contenute in questo articolo non si sostituiscono alla pratica medica alla quale è rimandata la salute e la cura della persona.
Daniela De Girolamo è un insegnate di Qi Gong, Taiji Quan, Meditazione e Medicina Cinese.
E’ Presidente dell’ A.S.D Meihua il vento sopra il lago che si occupa dell’insegnamento e della diffusione delle discipline orientali.
Scrittrice del libro “Pillole di Lunga Vita guida introduttiva al Qi Gong e al Taiji Quan” e di “I diciotto esercizi taoisti della salute, la ginnastica energetica cinese per il benessere di ossa e muscoli”.
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